GIULIANO KREMMERZ – “L’OMBRA DELLA COSCIENZA”

(A cura di Eiael)

Nell’esplicazione della vita tutti gli esseri umani, le donne in maggior numero, non posseggono in permanenza la coscienza vigilante in tutti gli atti della loro manifestazione esterna.

La neuropatologia studia i casi tipici più complessi, le forme classiche, cioè, della non coscienza, della non presenza a se stessi in periodi più brevi o più lunghi. E questi casi classici sono appariscenti nei malati di epilessia e di isterismo o di istero-epilessia, stati o condizioni patologiche che non hanno ancora perfettamente svelato la loro origine agli studiosi più pazienti; ma non vi è uomo o donna che non abbia, sotto apparenze larvate o a intervalli brevissimi o lunghi, delle manifestazioni analoghe agli stati classici della istero-epilessia.

L’esempio di uomini grandi per la manifestazione del loro ingegno positivo che sono afflitti da momenti di distrazione dice che in realtà non sono che dei malati momentanei di incoscienza; il tic, che è classico dei psicastenici nelle forme gravi, nelle forme blande è comunissimo.

Le amnesie in molti soggetti della vita sociale si manifestano innocentemente con la facilità di perdere piccole o grandi cose, perdite che in sostanza sono amnesie, spesso corrette automaticamente dalla coscienza interiore, quando lo stesso uomo che ha perduto, per esempio, la chiave di casa la ritrova dirigendosi, senza darsene conto, verso il luogo dove l’ha dimenticata.

Molto comune è lo stato di dubbio che la psicologia corrente attribuisce alla non determinazione del carattere.

Le fobie sono comunissime, spesso di apparenza istintiva, ma realmente e quasi sempre provengono dalla non coscienza del vero valore della cosa che si fugge.

La vita esteriore molto agitata negli spasimi della lotta della vita sociale, si dice, è in sostanza una predisposizione ai disordini psichici e alla manifestazione della nevrosi anche blanda in tutti gli uomini preoccupati moralmente e intellettualmente.

La esagerazione del lavoro intellettuale e del metodico, le pertinaci e volontarie investigazioni su un soggetto unico di lavoro, nell’arte, nella scienza, nelle industrie e nel commercio non sono che fattori attivissimi di degenerazione mentale e quindi dello stato di coscienza turbante, perché tutto il mondo sensitivo esteriore ci si presenta attraverso il velo dell’idea fissa che non è tale da portarci in una casa di matti, ma che ottenebra tutti i centri di percezione sensoria.

Si osserva da taluni che fanno la poesia della scienza che la vita solitaria, la metodica, nella completa campagna è meno predisponente agli eccessi che causano i turbamenti della psiche e della coscienza; è una esagerazione anch’essa. I contadini sono tutti affetti dalla fobia della città e della folla (agorafobia) quando vengono fuori dalla solitudine in contatto di una società diversa dalla limitatissima in cui vivono.

La vita metodica, poi, determina tale un limite di libertà e volontà che i caratteri della psicastenia, della rinunzia a ogni cosa nuova, si affacciano inesorabili e costringono l’esistenza in un guscio d’uovo, per il quale anche un lieve mutamento meteorico che influisce sulle abitudini è un disastro.

Dunque, le manifestazioni palesi dello stato morboso della coscienza individuale sono tutt’altro che rare; in maggiore o minore intensità, viziati siamo un po’ tutti.

La delinquenza non è che l’esagerazione di violare il diritto. Analizzo le possibilità sperimentali.

Tutte le forme mentali (parlo di forme, non di idee) che si presentano allo studio di un ricercatore soggettivo, cioè di un uomo che si dà ragione di ciò che sia la coscienza di sé e che vuol provare e controllare i fenomeni in se stesso, possono essere – in generale – o creazioni illusive di noi stessi o forme proiettate da altre sorgenti. Esempio: io ved nell’oscurità più completa una faccia umana, bianca e palpitante come viva e vera. O che la visione illusiva sia una creazione fantastica (fantasma) della mia mente o che l’apparizione abbia un’origine diversa è innegabile scientificamente che l’equilibrio nervoso, consuetudinario, umano, costante in me per un attimo è stato interrotto, diversamente io non avrei visto.

Ora bisogna stabilire se nel momento della visione io avevo la coscienza dell’equilibrio mantenuto o interrotto.

Le visioni mentali e fantastiche senza coscienza sono giudicate scientificamente morbose, isteriche ed epilettoidi. È vero o è falso?

Gli istero-epilettici che conservano la memoria della visione dicono che essa è reale, non solamente, ma vi mettono accanto tutta la loro volontà di creature morbose con una sincerità patologica che solo una forte suggestione può disperdere e molte volte anche questo mezzo è inefficace.

La maggior parte, direi la quasi totalità dei medi, si trovano in queste condizioni di incoscienza della menzogna o della creazione reale in tutte le manifestazioni che decantano e obliano.

Quindi, voler sapere da questi medi se fanno sul serio o mentono – anche entrando per dieci minuti nella loro pelle – è tempo perduto, perché o ignorano o si illudono.

La medianità, come ordinariamente si intende, è uno stato di psicopatia o di infermità psichica che è ricca di menzogne, spesso sincere, menzogne del malato che non ha la coscienza di mentire e mente.

Con linguaggio arcaico improntato agli antichi demonologi, lo stato di medianità isterica incosciente, non capace di padroneggiarsi, è la Lilith o la Astarte lunare declinante dei magi.

Molti uomini, di apparenza psichica normale, appena ottenuta una forma mentale così detta medianica, se non sono saldamente preparati dall’equilibrio, entrano nella categoria di questi innocui folli che vedono anche ciò che non possono vedere e danno vita, forza, nome e sangue a quelle simili nature, o forme vampiriche inerti, che esaminai lungamente negli Elementi di Magia Naturale e Divina.

È il pericolo del metodo soggettivo; se mi si fraintende, se le indicazioni che io do sono fuorviate o allacciate all’orgoglio dei giovani, che si credono pronti a tutto e si stancano con facilità, gli sperimentatori si incamminano per la via sinistra della dolce china verso la irragionevolezza patologica.

Se negli uomini maggiormente quotati di ragionevolezza e di sincerità nella società umana, anche in lievissima misura un carattere morboso di istero-epilessia si affaccia comunque e dovunque, che cosa avverrà per l’individuo che intende esaminare soggettivamente i fenomeni psichici in sé, se il suo concetto fondamentale di auto-ispezione vuol cominciare dallo stimolare nella sua mentalità un potere medianico, comunque definito dai libri dello spiritismo o delle religioni fatte per le masse?

Le medianità (adopero impropriamente la parola nel senso comune) sono stati di disordine interiore, dove predomina per riflesso la non coscienza sulla coscienza esteriore periferica e sulle manifestazioni morbose, la cui origine è obliata dal medico che attinge dalla fonte individuale quello che attribuisce altrui.

Se l’introspezione, lo studio del sé interiore, si vuole iniziare a base di tentativi medianici, è il rovescio di quel che dico io. Io premetto di non credere, e i tentativi medianici sono spinte nel labirinto buio della coscienza ombrata; io dico: educare e rifare la propria coscienza spogliandola da ogni influenza di cui è schiava: superstizione storica, ambiente, consuetudine, nettezza di visione, imitazione servile dei tipi noti. Non fare diversamente, che lo stato di coscienza si converta nella credulità verso i prodotti fittizi della propria immaginazione.

Vi sono autori di libri sulla magia e di scritti di riviste sull’ermetismo che arrivano a definire il mago come un auto-suggestionato, un medio volontario, un operatore di miracoli per fede, ma tale affermazione è precisamente l’opposto di ciò che deve essere un mago o un artista ermetico.

L’ermetismo non si schiude che alle coscienze già spogliate da tutti i fattori ottenebranti, rette da una morale pura, non velate da alcuna passione, neanche dalla pre-concezione della propria infallibilità. Tutta la chiave maestra del concetto educativo della propria personalità è appunto in questa purificazione della coscienza dalla nebbia della convenzione umana.

Allora solamente il noviziato ermetico accenna a dare i suoi frutti, quando la coscienza è libera di valutare una doppia corrente:

  1. la sensoria o sensitiva che ci arriva dalla periferia;
  2. la istintiva, che comincia a denudare le tendenze dell’uomo antico in noi.

Ridotta alla percezione vera e reale la coscienza della prima corrente, quella che ci prepara le più inaspettate sorprese è la seconda. Il vero personaggio storico che è in ogni uomo non dimentica e non tace neanche negli esseri più idioti; rappresentando la coscienza oscura di ognuno che viene sulla terra, l’entità antica si presenta in tutte le crisi violentemente, con manifestazioni impulsive, e nella vita pacifica quotidiana con manifestazioni strettamente e tacitamente istintive.

Il desiderio di molti di conoscere la propria storia antica, ovvero la storie e la struttura della personalità riumanizzata, non può avere risposta, nei casi ordinari, che nell’esame degli impulsi e degli istinti. Solamente quando la purificazione della coscienza propria è un fatto compiuto, il laboratorio di riserva o seconda volontà comincia, sulla coscienza moderna, a riprodurre le immagini stereotipate delle vite vissute, fino in taluni a raggiungere la possanza e l’onniveggenza di un demone che tutto sa, tutto conosce, tutto preannunzia, tutto può.

È questo il Cristo interiore o il Dio padre cui si rivolgono i mistici? Sì, ma in un senso molto differente dalla integrazione ermetica. Il mistico e l’asceta hanno carattere diverso e forma mentale diversa, secondo che si ispirino al Cristo, al Maometto o al Budda.

L’entità storica che li anima nella mentalità, in luogo di riflettersi in una coscienza netta, si proietta su di un riflettore che tutte le manifestazioni ritrae col colore prescelto dal soggetto che prega e invoca. Se l’entità storica è un luterano convinto e l’asceta un cattolico ossequiante, è l’asceta che riveste di cattolicesimo il luterano e lo fa parlare da cattolico, e se nei momenti di distrazione isterica il luterano fa capolino una volta tanto, si confessa e si mette in penitenza.

Ma se il luterano è più cocciuto? Se le manifestazioni anticattoliche si ripetono, diventano ostinatamente prepotenti? La teologia vi vede l’ossessione…, ossessione diabolica che fa parte degli studi delle manifestazioni isteriche nei casi più tipici, i quali teologicamente non sono che invasioni del principio maligno, il povero diavolo che è il generante responsabile degli errori e dei conflitti delle coscienze mistiche coi personaggi storici non corrispondenti.

 

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