L’ARTE

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Questo brano (pagg. 44-50) è stato tratto da Il Domenicano Bianco di Gustav Meyrink, edito da Tre Editori – www.treditori.com e per loro gentile concessione.

Il Domenicano bianco ci introduce nell’occulto mondo di Meyrink attraverso i segreti della trasmutazione alchemica alla luce della Tradizione esoterica occidentale e taoista. Nei cosiddetti «alchimici» del taoismo viene considerata la possibilità di «risolvere» il proprio corpo o, per dir meglio, di risolverne la materialità, riportandolo all’elemento primordiale spirituale, di cui esso rappresenta una coagulazione. La forma suprema di realizzazione spirituale, corrispondente al cosiddetto chen-jen, all’«uomo trascendente».

Benché abbia quasi esclusivamente scritto dei romanzi, Gustav Meyrink è da considerarsi uno dei principali cultori moderni di scienze esoteriche. Attraverso vicende simboliche, o allo stato puro, il lettore può trovare nelle sue opere elementi di insegnamenti iniziatici in una forma così precisa ed esplicita, come difficilmente altrove.

Inoltre Meyrink ostenta di possedere il «dono delle lingue», che è la facoltà di saper esprimere in diverse forme, legate ora all’una e ora all’altra tradizione, una conoscenza unica. Lo spirito di questa conoscenza potremo definirlo «magico», se tale definizione oggi non desse luogo a troppi equivoci: sarà meglio quindi parlare di conoscenza iniziatica.

L’espressione conoscenza iniziatica va riferita a una spiritualità, che da un lato si distanzia da tutto ciò che è semplicemente «religione o «misticismo», dall’altro, si mantiene ben distinta dalle varie correnti teosofistiche, spiritistiche, neo spiritualistiche e simili scaturite negli ultimi tempi, per rifarsi a un sapere primordiale e a una conoscenza ben più virile, chiara e severa della via del compimento. E dalla conversazione qui trascritta si evince limpidamente proprio la conoscenza iniziatica di Meyrink.

Il dialogo si svolge fra un “cappellano” cattolico e il “barone” protagonista del romanzo.

Eiael  (Paolo Perugini)

 

[…] Dal dialogo tra il cappellano e il barone

 

«[… Nella nostra famiglia, la stirpe dei baroni von Jöcher, si è tramandata la leggenda che il capostipite, il lampionaio Cristoforo Jöcher sia venuto dall’Oriente e abbia portato con sé il segreto di evocare, per mezzo di una speciale articolazione delle dita, gli spettri dei defunti e di farli strumento del suo volere.

«In un documento in mio possesso, si afferma che egli fu membro di un antichissimo Ordine che, in un passo viene chiamato «Schi-Kiai», il che significa «Il dissolvimento con il cadavere», e poi un’altra volta «Kieu-Kiai», cioè «Il dissolvimento con la spada». Vengono riferite cose che suoneranno molto singolari al suo orecchio; per mezzo della capacità di rendere spiritualmente vive le mani e le dita, gli adepti dell’Ordine sarebbero spariti dalla tomba insieme al proprio cadavere e altri si sarebbero trasformati nella terra in spade.

«Reverendo, non nota in ciò una singolare analogia con la Risurrezione di Cristo? … Specialmente se raffronta i misteriosi gesti della mano sulle pitture del Medio Evo e quelli sulle antiche raffigurazioni dell’Asia?».

Mi accorsi che il cappellano era stato colto dall’inquietudine, camminava su e giù velocemente nella stanza, poi su fermò e con voce angosciata esclamò: «Quello che lei mi racconta, signor barone, ha per me, sacerdote cattolico, un carattere troppo massonico per poterlo accettare senza contraddirla! Quello che lei definisce il vento letale del Nord, per me è massoneria così come tutte le cose che vi sono connesse … So benissimo, e ne abbiamo discusso abbastanza, che tutti i grandi pittori e artisti erano uniti da un vincolo comune che era la corporazione e che, da un paese all’altro, si comunicavano reciprocamente la loro appartenenza per mezzo di certi segni segreti – in genere la posizione delle dita e i gesti della mano – dei personaggi dei loro dipinti o per mezzo della configurazione delle nubi, a volta anche per mezzo della scelta dei colori. Sovente la Chiesa, prima di assegnare agli artisti le commissioni per le immagini dei santi, li costringeva a prestare il solenne giuramento di astenersene, ma ogni volta essi riuscivano a eludere il giuramento. Si biasima la Chiesa perché essa dice, anche se non a tutti gli orecchi, che l’arte è creatura del diavolo. È così incomprensibile per un cattolico rigorosamente credente? È noto che gli artisti possedevano e custodivano un segreto che era, evidentemente, rivolto contro la Chiesa! So di una lettera di un grande pittore di quei tempi, nella quale costui confessa esplicitamente a un amico spagnolo l’esistenza di un vincolo segreto».

«Sono anch’io a conoscenza di quella lettera», intervenne vivacemente il barone. «Il pittore scrive pressappoco in questi termini, non mi rammento più le parole esatte: ‘Va’ da quel tale, un certo … e supplicalo in ginocchio di farmi almeno un segno, affinché possa finalmente comprendere come debba procedere sulla via del mistero. Non voglio rimanere un puro e semplice pittore fino alla fine della mia vita!’ Che cosa ne deduce, caro cappellano? Ma naturalmente che quel celebre artista, anche se esteriormente aveva un alto grado di iniziazione, in realtà era solo un cieco. Non ci sono dubbi che fosse massone – ma questo per me significa solo che era un muratore che fabbricava mattoni e che era salito soltanto esteriormente sulla costruzione – e che appartenesse alla corporazione. Lei ha perfettamente ragione quando dice che tutti gli architetti, i pittori, gli scultori, gli orefici e i cesellatori di quell’epoca erano massoni. Ma la cosa essenziale è che essi conoscevano solo i riti esteriori che comprendevano unicamente in senso etico. Erano solo strumenti di un potere invisibile che lei, in qualità di cattolico, erroneamente ritiene il Maestro della Mano Sinistra. Erano semplicemente strumenti, nient’altro, con l’unico scopo di custodire per i posteri certi segreti in forma simbolica, finché i tempi non sarebbero stati maturi. Tuttavia rimasero bloccati sul cammino senza andare avanti, perché speravano che labbra umane potessero dare loro la chiave che avrebbe dischiuso la porta, senza intuire che questa chiave è nascosta nella pratica dell’arte stessa. Essi non capirono che l’arte cela un senso più profondo che dipingere semplicemente immagini o creare opere poetiche, e cioè quello di risvegliare nell’artista stesso una sorta di straordinaria sensibilità tattile e percettiva, che in primo luogo si manifesta come ‘giusto senso dell’arte’. Anche oggi un artista, nella misura in cui il lavoro gli ha risvegliato i sensi interiori, potrà resuscitare quei simboli nelle sue opere, ma non avrà più bisogno né di apprenderle dalla bocca di un essere vivente, né di far parte di questa o quella Loggia! Al contrario: mille volte più chiaramente di una bocca umana parla la ‘bocca invisibile’. Che cosa è l’arte vera se non l’attingere all’eterno Regno dell’Abbondanza?!.

«Certamente esistono uomini che a pieno diritto possono portare il nome di artisti, ma essi sono posseduti da una forza oscura che lei, dal suo punto di vista, potrebbe tranquillamente chiamare il ‘demonio’. Le loro creazioni assomigliano in ogni particolare al Regno infernale di Satana, tali e quali se le immagina un cristiano; le loro opere recano impresso l’alito del gelido raggelante Nord, dove l’antichità ha posto la sede dei dèmoni  che odiano la razza umana, e la loro arte si esprime per mezzo di: peste, morte, pazzia, assassinio, sangue, disperazione e abiezione …

«Come spiegarci tali nature d’artista? Glielo dirò io: un artista è un uomo nel cui cervello la spiritualità, l’elemento magico ha conseguito il predominio sulla materia. Ciò può accadere in due modi diversi: in un caso – negli artisti ‘diabolici’ – il cervello, andando incontro alla degenerazione per la dissolutezza, la lussuria, i vizi ereditati o a cui si sono assuefatti, viene a pesare di meno sulla bilancia e automaticamente l’elemento magico diventa più pesante e si manifesta nel mondo fenomenico: dunque il piatto della bilancia della spiritualità si abbassa, soltanto perché l’altro è più leggero e non perché esso stesso sia più pesante. In questo caso l’opera d’arte è pervasa da un sentore di putridume. È come se lo spirito portasse un abito che splende per la fosforescenza della putrefazione.

«Nel caso degli altri artisti – voglio definirli gli ‘Unti’ – lo spirito, come nel caso di S. Giorgio, l’ha vinta sulla bestia. In essi il piatto della bilancia dello spirito si abbassa nel mondo fenomenico grazie al proprio peso. Lo spirito indossa allora la veste d’oro del sole.

«Ma in entrambi l’equilibrio della bilancia si è spostato a favore del magico, mentre nell’uomo comune pesa soltanto l’elemento animalesco; i ‘Diabolici’ come gli ‘Unti’ vengono mossi dal vento del Regno invisibile dell’Abbondanza, gli uni dal vento del Nord, gli altri dall’alito dell’Aurora. L’uomo comune invece rimane un ceppo di legno senza vita.

«Cos’è allora quella forza che si serve dei grandi artisti come di uno strumento al fine di custodire per i posteri i riti simbolici della magia?

«Glielo dico io: è la stessa che una volta creò la Chiesa. Essa edificò nello stesso tempo due colonne viventi, una bianca e l’altra nera. Due colonne viventi che si odieranno reciprocamente finché non capiranno di essere i pilastri sui quali poggerà il futuro arco di trionfo.

«Si rammenta il passo del Vangelo dove Giovanni dice: ‘Molte altre cose dovrebbero essere scritte, ma io vi dico: il mondo non potrebbe contenere i libri che si dovrebbero scrivere?’[1]

«Come si spiega, Reverendo, che secondo la sua fede, la Bibbia è giunta fino ai nostri giorni per volontà di Dio, mentre invece ‘quelle altre cose’ non ci sono state tramandate? Che siano andate perdute? Così come un ragazzino ‘perde’ il suo coltelluccio tascabile?

«Io le dico che quelle ‘altre cose’ oggi vivono ancora, sono sempre vissute e rimarranno sempre vive anche se dovessero ammutolire tutte le bocche che le tramandano e otturarsi tutte le orecchie che potrebbero ascoltarle. Lo spirito troverà sempre il modo di farle tornare in vita sussurrandole e creando nuove menti d’artista che vibreranno quando esso lo vorrà, e nuove mani per scrivere ciò che comanderà.

«Queste sono le cose che Giovanni sapeva e sa – i misteri che erano nel ‘Cristo’ e che egli depose in lui, quando fece dire a Gesù, suo strumento: ‘Prima che Adamo fosse, io sono’.[2]

«Io le dico – anche a costo di farle fare il segno della croce – che la Chiesa è iniziata con Pietro, ma troverà compimento soltanto con Giovanni! Cosa vuol dire? Legga il Vangelo come se fosse una profezia su cosa ne sarà della Chiesa! Forse allora capirà cosa significa – considerata la questione sotto questa luce – il fatto che Pietro negò per ben tre volte Cristo e che si arrabbiò nel momento in cui Gesù disse di Giovanni: ‘Voglio che egli rimanga finché io venga’.[3] Per sua consolazione voglio aggiungere che anche se la Chiesa certamente morirà, io credo e lo sto vedendo, che essa risorgerà di nuovo e risorgerà come dovrebbe essere. Finora niente e nessuno sono risorti, se prima non erano morti: neanche Gesù.

«So benissimo che lei è un uomo sincero, che prende seriamente i suoi doveri e so anche che si è chiesto più volte come sia possibile che tra gli ecclesiastici, persino tra i Papi, abbiano potuto esserci dei criminali, indegni della loro carica, indegni di portare il nome di uomo. So anche che lei avrebbe detto, se qualcuno le avesse chiesto una spiegazione di ciò, che senza peccato e immacolata è soltanto la funzione e non colui che la riveste. Caro amico non creda che io appartenga a coloro che si atteggiano a sapientoni e si fanno beffe di una spiegazione del genere, fiutandovi dietro una viscida e disprezzabile ipocrisia; ho, per far questo, una concezione troppo alta della dignità sacerdotale!

«So benissimo, forse meglio di lei, quanto sia grande il numero dei preti cattolici che segretamente  celano nel cuore dubbi angoscianti. ‘È veramente la religione cristiana quella destinata a redimere l’umanità? Tutti i segni di quest’epoca non indicano forse che la Chiesa sta degenerando? Verrà davvero il Regno Millenario? È vero che la cristianità sta crescendo come un albero gigantesco, ma dove sono i suoi frutti? Di giorno in giorno si stanno ingrossando le fila di coloro che portano il nome di Cristo, ma sempre meno uomini ne sono degni!’

«Da dove saltano fuori questi dubbi, le chiedo. Da un venir meno della fede? No! I dubbi crescono di conseguenza dall’inconscia consapevolezza che ci sono pochissimi preti dalla fede così ardente da cercare la via della santità, come fanno gli yogi e i sadhu dell’India. Ce ne sono troppo pochi in grado di conquistarsi il Regno dei Cieli con la forza. Mi creda: le vie della Resurrezione sono più numerose di quanto supponga la Chiesa! Non basta sperare tiepidamente nella ‘Grazia’. Quanti di voi potrebbero dire: ‘Come la cerva anela i rivi d’acqua, così, Oh Dio, l’anima mia per Te brama’.[4]

«Voi tutti sperate segretamente che si adempia la profezia apocrifa che dice: ‘Compariranno cinquantadue Papi, ognuno porterà un nome latino che descriverà la sua attività sulla terra, l’ultimo si chiamerà Flos Florum, cioè Fiore dei Fiori e sotto il suo scettro sopraggiungerà il Regno Millenario’.

«Io le profetizzo – pur essendo più pagano che cattolico – che si chiamerà Giovanni e sarà l’immagine di Giovanni Evangelista. E sarà Giovanni Battista, il patrono dei massoni, i quali custodiscono i segreti del battesimo con l’acqua, pur senza conoscerli essi stessi, a conferirgli i poteri sul mondo inferiore.

«Così da queste due colonne sorgerà l’arco di trionfo!

«Ma se lei scrivesse oggi in un libro: ‘Alla guida dell’umanità non ci vuole né un soldato né un diplomatico, né un professore e neppure un uomo qualsiasi, ma solamente un prete’, un grido di rabbia percorrerebbe il mondo. Se lei vi sostenesse inoltre che la Chiesa è soltanto un frammento, è soltanto la metà di una spada spezzata in due parti, finché il suo rappresentante non sarà anche il Vicarius Salomonis, il Capo dell’Ordine, il libro verrebbe bruciato sul rogo!

«Certamente non potranno bruciare la verità o calpestarla con i piedi! Essa si manifesterà sempre, così come cadrà sempre la tavoletta colorata sulla scritta sopra l’altare della Chiesa di Santa Maria della nostra città.

«Deduco dalla sua espressione che anche a lei non garba il fatto che ci sia un mistero sacro di cui si sono appropriati gli avversari della Chiesa e di cui la Chiesa cattolica non sa nulla. Eppure è così, soltanto con una riserva sostanziale, che coloro che custodiscono tale mistero, non sanno cosa farne, la loro comunità è appunto l’altra metà della ‘spada spezzata’ e non riescono a comprenderne il senso. E sarebbe più che grottesco supporre che i prodi fondatori di questo ‘Gotha di assicurazioni’ sulla vita posseggano un arcano magico per vincere la morte!» […]

 


[1] Giovanni XXI, 25.

[2] Giovanni VIII, 58.

[3] Giovanni XXI, 22.

[4] Salmi, Libro secondo, 41, 2.


 

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